La Centa


Chi visita per la prima volta la « Centa » di Ioannis rimane sconcertato come se facesse un balzo di parecchi secoli nel passato grazie all'inaspettata presenza d'un rudere e di vetusti edifici i quali, pur nella loro modesta e semplice architettura, presentano strutture ed elementi ornamentali prodotti dalla felice combinazione di cornici dentellate ed archetti pensili in cotto decoranti le gronde, e volte di terracotta che conferiscono loro un'aria di rispettosa dignità e distinzione.

 

Una vecchia casa cadente, rinforzata alla base da una scarpa - « la casa del curato », secondo la gente del luogo - doveva essere l'abitazione del sagrestano la cui carica — che veniva conferita in seguito ad elezione dalla comunità riunita in vicinia -  comportava talora gravi responsabilità come risulta da parecchie documentazioni, e dovendo pure rifondere i danni prodotti da eventuali furti, logico appare che il sagrestano dovesse abitare vicino alla chiesa per poter vigilare, giorno e notte, la chiesa e le sue proprietà.

 

Lì vicino sorge ancora la « canepa » con il « sollaro », cioè la cantina ed il granaio in cui i vecchi camerari della Chiesa e delle confraternite e gli uomini del Comune raccoglievano e conservavano le derrate che i coloni versavano in ragione di un decimo del raccolto.

Questo singolare edificio comprende un porticato di cinque arcate in cotto di cui tre sul prospetto e due laterali, la cantina in cui, su robuste calastre, si allineavano le botti per il vino ed i recipienti per l'olio d'oliva della « luminarie », raccolta dell'olio per l'illuminazione della chiesa (che « veniva illuminata anche esternamente durante la notte », secondo Mons. Guglielmo Biasutti), ed al piano superiore il granaio che si raggiungeva attraverso una botola.

 

La bella e semplice architettura del manufatto è molto suggestiva e si ammira con l'interesse che si prova davanti ai più ragguardevoli monumenti del Friuli. In tempo più recente furono otturate le finestre originali del granaio che si aprivano sulle fiancate, e vennero aperte tre finestre sulla facciata anteriore e tre su quella posteriore, che hanno più deturpato che abbellito il monumento.

 

Nel vecchio cimitero s'innalza il principale oggetto del nostro studio, della cui esistenza il defunto M° Fedri di Strassoldo aveva parlato allo scrivente presentandolo come « una cappellina esternamente affrescata ».

 

Le vecchie « Cente » erano il cuore delle ville e custodivano la Chiesa ch'era nel centro, il cimitero che la circuiva e le più antiche case che vi si erano assiepate. Tutto intorno si alzava un muro di cinta da cui il nome di « Centa ».

 

L'autore anonimo dell'opuscolo che si riporta in appendice suppone che la località fosse chiamata Centa perché il cimitero era circuito da muro. Ma se così fosse, tutti i cimiteri si chiamerebbero Centa perché il muro era d'obbligo, com'era d'obbligo lo scavo, davanti all'entrata, d'una fossa coperta di grata affinché i bovini o gli ovini non andassero a brucare nel cimitero profanando il luogo sacro.

 

Ad ogni aratura, dai campi circostanti .scaturiscono frammenti di embrici eguali a quelli che nell'antichità si usavano per coprire i tetti delle case ed altri frammenti di antiche ceramiche, e questo particolare mette un po' di luce sull'età della Chiesa di Sant'Agnese, perché, come dimostreremo, non si tratta di una cappellina affrescata, ma di una antica chiesa ch'era la cappella e successivamente la vicariale di Ioannis.

 

Augusto Geat

 

 

 

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