Incontro con la signora Gemma che per anni ha custodito tutte le cose di Colavini nella casa di Udine dove il pittore ha vissuto.
- Memorie sulla vita -
Eravamo cinque sorelle, insieme ai genitori andammo ad abitare in casa sua nel 1926, quando la sorella di Colavini, Maria, andò a vivere con una parente. Era arrivato a Udine nel 1898 da Monaco di Baviera, dove aveva frequentato l'Accademia sotto la guida artistica del maestro Lenbach, un famoso ritrattista tedesco. Là si era affezionato alla figlia del maestro, che si chiamava Marion e Colavini, per ricordare quegli anni, firmò molte opere Arturo Marion Colavini.
Un'influenza notevole su Colavini ebbe la madre,
Anna Comelli, che, di nascosto dal marito, pur desiderando che il figlio
diventasse ingegnere, aveva assecondato le sue aspirazioni arti-stiche
mandandogli parte della sua rendita per il mantenimento agli studi a
Monaco. Intorno ai quarant'anni Colavini conobbe una donna, Giulia, che lasciò una profonda traccia nella sua vita di uomo e di artista. Questa donna frequentava la sua casa, stava assieme alla mamma e alla sorella, andava con lui anche a Novacco e gli amici la consideravano come sua moglie. Ma un giorno la giovane, in un momento di nervosismo, mancò di rispetto alla madre che egli adorava. Colavini allora decise di troncare la relazione, dandole tre giorni di tempo per lasciare la casa. Assieme alla madre prese il treno per Strassoldo e andò a Novacco.
Al suo rientro dopo tre giorni, trovandola ancora
in casa, l'accompagnò alla stazione, allontanandola definitivamente
dalla sua vita. Rientrando, vicino al portone trovò una rondine morta,
riversa, con le zampine all'aria. Questa scena gli ispirò un quadretto,
che disgraziatamente è stato rubato e in cui si leggeva tutta la sua
tristezza, che non lo avrebbe più abbandonato.
Allo scoppio della prima guerra mondiale Colavini
dovette allontanarsi da Udine, perché proveniente dalla zona illirica (Aiello,
all'epoca, era sotto l'Impero Austro-Ungarico) e si recò a Firenze, dove
lavorò molto nel campo del restauro. In casa sua a Udine si stabilì lo
scultore Ceconi di Montececon, proveniente da Pielungo di Vito d'Asio,
di famiglia molto ricca, ma anch'egli contrastato dalla famiglia per la
scelta artistica.
Ritornato in Friuli nel 1917, dopo Caporetto,
riprese a dipingere con vigore, lavorando molto per le famiglie nobili
friulane, per le quali non era soltanto un artista al quale
commissionare opere, ma soprattutto un amico.
Continuava a visitare mostre, esposizioni e di
tutto quello che vedeva faceva schizzi, prendeva appunti e scriveva
giudizi. Ammirava molto il Tiepolo per i colori e la luce e ne fece su
ordinazione molte copie (per esempio «L'Assunta della Purità» che
si trova presso il Seminario di Udine). Per i colori andava spesso nel
giardino della Villa Frangipane e si ispirava alle tonalità delle dalie
e di altri fiori tenuti nelle serre.
Rispettava sempre un suo orario di lavoro; stava
chiuso nello studio fino alle sei di sera, poi andava in stazione a
comperare il «Corriere» e il «Berliner Tageblatt». Era un
uomo ordinato, amava il silenzio e la quiete, rimpiangeva la calma di
Monaco. Ma aveva anche amici: frequentava il caffè Dorta, ritrovo degli
appassionati d'arte, amava tenersi al corrente degli avvenimenti.
Parlava in friulano con quelli che parlavano
friulano, in dialetto veneto con noi, in italiano con i signori, in
tedesco coi tedeschi, e anche in francese.
I «nudi» sono una parte importante
dell'opera di Colavini, ma cinquant'anni fa era difficile venderli: «sì,
- dicevano - quel Colavini è bellissimo, ma non posso metterlo nel
tinello, perché la moglie, la suocera, si mettono le mani nei capelli»
e quelli che li compravano li appendevano negli studi privati. Perciò
soprattutto questa parte dell'opera di Colavini è rimasta poco
conosciuta.
Moltissimi quadri eseguiti su commissione non sono
firmati, ma si riconoscono subito per il tratto e perché nessuno ha mai
toccato la sua opera. Colavini infatti non ha avuto allievi, ha lavorato
sempre solo. Gemma
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