Presentazione
Una pubblicazione sui mulini fa ritornare alla mente storie e vicende familiari. Andare al mulino costituiva per tanti di noi un vero avvenimento: significava intanto una giornata diversa con un viaggio e una sosta prolungata, poi un lavoro non consueto e il cambiamento dì programma. Ma anche di più: diverse ore davanti alla meraviglia dei meccanismi del mulino e a quelle strutture ricoperte dì polvere di strati diversi di farine e di scarti. Erano momenti di grande emozione davanti alla restituzione dei pochi sacchi di granaglie trasformati in numerosi sacchi di fior di farina, di farina da polenta e dì altri macinati destinati al sostentamento degli animali da cortile e da stalla.
Il viaggio di ritorno, dì solito nelle ore calde e alla ricerca di un po' d'ombra, costituiva un altro evento: i grandi consentivano ai piccoli di guidare il cavallo che andava allegro e trottante non dovendo svolgere un lavoro pesante. Qualche volta accanto all'animale collaudato o alla madre, veniva attaccato per la prima volta o quasi il giovane puledro che cosi sperimentava l'obbligo dei finimenti e del morso oltre alla fatica del traino: andare al mulino era un motivo in più di gioia e di festa.
Attorno ai mulini - almeno così come li abbiamo conosciuti noi - l'ambiente era ricco di tante cose da scoprire. Intanto il luogo dove, staccati dal carro, riposavano gli animali se l'attesa doveva prolungarsi: legati agli anelli sostavano vari tipi dì animali che costituivano anche motivo dì ammirazione e di invidia; nell'ampio cortile di solito sì potevano vedere esemplari diversi di carri e carriaggi; poi emergevano le strutture singolari dei depositi delle granaglie o degli strumenti di lavoro. Davanti al carro grande del mulino, fra i primi ad essere gommati, erano attaccati due maestosi cavalli da tiro di corporatura alta e solenni; li guidava uno degli uomini del mulino.
Insieme al mugnaio operava una schiera di uomini che quasi non si riconoscevano imbiancati com'erano, ma che dimostravano una straordinaria capacità e forza nel maneggiare sacchi e pesi da veri e propri equilibristi. Salivano e scendevano le scale portando un quintale e oltre sulle spalle poderose quasi senza dimostrare fatica: un esempio di laboriosità che non conosceva orari e, purtroppo, anche diritti.
Il mulino, ed erano gli ultimi anni prima dell'arrivo anche tra di noi delle tecnologie (trattori e mietitrebbie), diventava soprattutto in occasione della trebbiatura del frumento il centro della vita della comunità paesana. Per oltre un mese sotto i capannoni e nei pressi per quasi ventiquattro ore al giorno si alzava una grande nuvola di fumo; era tutto un brulichio di gente con il favole t ione sulla bocca e il cappellaccio in testa, vere e proprie maschere di fatica e dì resistenza. Erano gli uomini del mulino che insieme alle famiglie contadine portavano a compimento il miracolo della raccolta del frumento: uno spettacolo di lavoro e di operosità che resta vivo nella memoria.
Forse niente come il mulino e la sua gente rappresenta la storia e la memoria dì quanti conservano - e in modo vivo quasi vivace - un ricordo singolare di quell'umanità calda e partecipe, di quell'intensità di vita e di lavoro che, senza nascondere la condizione drammatica del lavoro contadino, resta un patrimonio di umanità che appartiene a tutti.
Richiamare quell'atmosfera ed evocare quella ricchezza dì esperienze e di valori, magari attraverso una pubblicazione, rappresenta molto di più di un'occasione splendida per celebrare una stagione di vita: è un atto di gratitudine e di amore. Forse dentro a questo gesto c'è l'ammirazione sincera dì chi ha tanto imparato dalla umiltà e dalla dedizione, dalla laboriosità e dalla dignità della gente dei mulini. Anche la fede, esperienza senza sentimentalismi e con capacità di accettare e dì fare la volontà di Dio, non è assente da questa affettuosa testimonianza.
Renzo Boscarol
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